Risarcimento danni per il convivente more uxorio 
Cassazione civile sez. III, 28/03/2023, n.8801 

statua pianto

Tra le pronunce più recenti della Corte di Cassazione, Sezione civile, emerge l’ordinanza n. 8801 del 28 marzo 2023. Tale decisione ha ad oggetto il risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. e, più nello specifico, il diritto del convivente more uxorio a percepire il suddetto risarcimento. 

Nel caso di specie, la ricorrente impugna dinnanzi alla Cassazione la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Torino in sede di rinvio, con cui il giudice ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni a titolo patrimoniale subiti dalla ricorrente a seguito del decesso del convivente more uxorio, causato da sinistro stradale. A seguito del rigetto in sede di rinvio, dunque, la convivente del de cuius impugna la decisione, lamentando la contraddittorietà della decisione in fase rescissoria, l’erronea valutazione degli elementi probatori e la carenza di motivazione relativa alla non gravità, univocità e concordanza dei fatti. La Cassazione ritiene fondati i motivi a sostegno del ricorso e procede, quindi, nella disamina degli stessi. Il nucleo della decisione adottata dalla Corte risiede negli elementi probatori che dimostrano l’effettiva esistenza del diritto al risarcimento dei danni in capo alla ricorrente. Nello specifico, la Cassazione si addentra nell’analisi dei fatti concreti, quali la durata e la stabilità della convivenza, lo spostamento della residenza e del domicilio fiscale e, da ultimo, la delega a favore della ricorrente sul conto corrente del de cuius. In relazione a questo ultimo elemento, la Suprema Corte sottolinea anche come tale fatto costituisse in realtà un chiaro elemento indiziario della volontà del defunto di contribuire economicamente al sostentamento della convivente, soprattutto poiché l’uomo svolgeva l’attività di camionista, che non di rado lo portava ad essere lontano da casa e, quindi, a non poter personalmente contribuire alle spese. La Cassazione, dunque, riconosce l’errore commesso dal giudice in sede di appello di non aver valutato tutti questi elementi congiuntamente ma, piuttosto, di aver svolto una analisi atomistica dei suddetti, escludendone dunque l’effettiva gravità, precisione e concordanza al fine di riconoscere il diritto al risarcimento ex art. 2043 c.c.. La Cassazione procede poi sottolineando come la motivazione addotta dal giudice di appello appaia in realtà molto contraddittoria, poiché il giudice ad quem riconosce la scelta volontaria del de cuius di contribuire alle spese quotidiane, tanto di manutenzione dell’abitazione, quanto alimentari ma, al contempo, esclude che questa possa essere una ragione sufficiente a giustificare la sussistenza del diritto al risarcimento in capo alla ricorrente. Infatti, tale aspetto, secondo la Corte, rappresenta già di per sé una valida prova che, se affiancata alle altre dedotte nel corso del giudizio di merito (stabilità e durata della relazione, comunione affettiva, delega sul c/c del de cuius), risulta essere più che sufficiente a sostenere la tesi della parte ricorrente. Inoltre, la Cassazione argomenta sostenendo che la tesi sostenuta dalla Corte di Torino si pone in netto contrasto con la nozione di convivenza dettata dalla legge n. 76 del 2016, che all’art. 1, comma 36, definisce i conviventi di fatto come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da un matrimonio o da un’unione civile”. In conclusione, quindi, la Corte, decide accogliendo il ricorso, ritenendo dunque sufficientemente gravi, precisi ed univoci gli elementi in esame. 

È bene tra l’altro sottolineare che, con tale sentenza, la Suprema Corte si allinea con quanto stabilito dalla giurisprudenza antecedente, tra cui spicca la sentenza della Cassazione civile Sez. III, 13/04/2018, n.9178. 

Con tale pronuncia, infatti, si sono delineati i criteri funzionali all’accertamento della convivenza more uxorio, ai fini della risarcibilità del danno da recesso di uno dei due conviventi. Nella pronuncia appena richiamata, la Cassazione definisce il concetto di “famiglia di fatto”, la quale si manifesta nel momento in cui “due persone siano unite da un legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale”, escludendo addirittura che sia necessario l’elemento della coabitazione per far sì che venga riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni. Inoltre, urge sottolineare un ulteriore elemento condiviso da entrambe le decisioni, ovvero il fatto che gli elementi probatori debbano necessariamente essere valutati universalmente, senza che questi siano oggetto di analisi isolata, in quanto ciò andrebbe a compromettere il riconoscimento del diritto ex art. 2043 c.c.. 

 

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