Cassazione – Cumulo tra separazione personale e divorzio

La Suprema Corte di Cassazione si è di recente espressa in merito alla possibilità per due coniugi di presentare cumulativamente la domanda congiunta di separazione personale e quella di divorzio in caso di separazione consensuale.

La questione è stata devoluta alla Cassazione dal Tribunale di Treviso, il quale ha sollevato questione pregiudiziale di rito circa l’ammissibilità di tale cumulo oggettivo.

Il dubbio in capo al giudice di merito sorge dai contrasti interpretativi riguardanti le novità apportate dal D.Lgs. 149/2022.

Infatti, con la Riforma Cartabia è stato introdotto all’interno del codice di rito l’art. 473-bis.49, applicabile a tutti i procedimenti di separazione personale contenziosa instaurati dopo il 28 febbraio 2023.

Nello specifico, l’articolo richiamato prevede la possibilità per i coniugi di presentare contestualmente le domande di separazione e divorzio, senza però derogare alle tempistiche imposte dall’art. 3 della Legge n. 898/1970 (per cui è possibile procedere con il definitivo scioglimento del vincolo matrimoniale solo una volta decorsi 6 mesi in caso di separazione consensuale, oppure 12 nell’ipotesi di separazione contenziosa e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale).

Il cavillo interpretativo sorge in quanto la nuova disciplina sembrerebbe essere applicabile limitatamente ai casi di separazione contenziosa, almeno secondo un’interpretazione letterale della norma.

Il caso de quo, al contrario, rappresenta un’ipotesi di separazione consensuale, che viene regolata dall’art. 473-bis.51, il quale tace sulla possibilità di cumulare le due domande. Proprio a partire da questa discrasia normativa, giurisprudenza e dottrina si sono interrogate in merito alla possibilità di estendere l’ammissibilità del cumulo oggettivo di domande anche ai casi di separazione consensuale.

La Cassazione, con la pronuncia in esame, passa in rassegna alcune delle argomentazioni richiamate dai sostenitori dell’inammissibilità del cumulo di domande e coloro che, al contrario, ammettono tale possibilità anche per le ipotesi ex art. 473-bis.51 c.p.c.

Nell’esaminare le diverse posizioni assunte da dottrina e giurisprudenza, la Suprema Corte abbraccia l’interpretazione estensiva dell’art. 473-bis.49 c.p.c. anche ai casi di separazione consensuale, accogliendo quanto riportato nelle pronunce dei tribunali di Milano, Genova, Vercelli, Lamezia Terme e Terni.

In particolare, la Cassazione richiama tanto i criteri interpretativi di carattere letterale, quanto quelli di ordine sistematico. In primis, nella sentenza viene rilevato come, nonostante l’art. 473-bis.51 non rechi espressamente la possibilità di cumulo delle domande, il primo comma della norma in esame si riferisce alla “domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all’art. 473 bis.47”, il che è da ritenersi un indizio per l’ammissibilità del cumulo, poiché se non fosse stato ammesso, il legislatore avrebbe utilizzato il singolare, senza riferirsi alla generalità dei procedimenti ex art. 473-bis.47.

In secondo luogo, la Corte si allinea con la ratio sottesa alle nuove disposizioni normative, che si articola su più fronti.

In primo luogo, infatti, possibilità di cumulare le due domande risponde all’esigenza di “risparmio delle energie processuali”, richiamato anche nella relazione illustrativa del D.Lgs. 149/2022. Infatti, siffatta proposizione delle domande costituisce un cumulo condizionato, per cui il giudice definirà prima la domanda di separazione e, decorso il termine minimo di separazione, quella di divorzio. Secondariamente, il cumulo non viola il divieto di patti prematrimoniali, in quanto “deve osservarsi che si tratta unicamente di domande proposte in funzione di una pronuncia di divorzio per la quale non è ancora decorso il termine di legge e il cumulo non incide sul c.d. carattere indisponibile dei patti futuri, trattandosi di un accordo unitario dei coniugi sull’intero assetto delle condizioni”.

Da ultimo, l’assenza di previsioni relative alla gestione di quid novi sorto durante i sei mesi tra separazione e divorzio non vale ad impedire il cumulo.

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